D'ALESSANDRO, Angelo Antonio


D'ALESSANDRO, Angelo Antonio


Da: treccani.it

di Gian Carlo Bojani
D'ALESSANDROAngelo Antonio. - Nacque a Laterza (Taranto) nel 1642, da Nicol'Antonio originario della vicina Santeramo e da Chrisantia di Rocco Festa, laertina.
Il lavoro filologico attorno alla figura del D., decoratore su maioliche, ha permesso di delinearne sicuramente caretteristiche e segni distintivi rispetto al ductus pur elevato di allievi (come Vito Perrone, Gironimo Tammorino e G. A. Aloisio) e comunque della "bottega" e degli imitatori, e di mettere in luce nella tradizione e nella continuità una scuola ceramica come quella di Laterza, che emerge così nella storia della ceramica italiana come uno dei centri più singolari dell'età barocca.
Documenti d'archivio testimoniano lo stato clericale del D. come diacono sin dal 1664, e come sacerdote già nel 1667. Nel periodo 1676-77 ricoprì l'incarico di procuratore del capitolo e clero di S. Lorenzo Maggiore in Laterza. La personalità del D. è stata ricostruita in anni recenti (Donatone, 1968) innanzitutto con la scoperta di un presentatoio (vassoio) firmato "D. Ang: Ant.s de Alexandro a Latertia pingebat 1693", con scena allegorica di putti con un orso, nel Museo di S. Martino di Napoli proveniente dalle collezioni del duca di Corigliano. In seguito sono state individuate altre due opere firmate (Dell'Aquila, 1980): un presentatolo conDiana cacciatrice e le compagne passato in asta alla Sotheby nel 1979, recante l'iscrizione "D. A. d'Alexandro Pingebat a Latertia 1680" e una targa devozionale rappresentante la Sacra Famiglia, in collezione privata, con l'iscrizione: "Hoc Opus F.F.R.D.D. Cesar Strada Cantor Terrae Ienüsji pro Sua Devot.ne. Die vig. M.s. junii 1705 D. Ang.s Ant.s de Alexandro a Latertia Ping.t".
Queste opere si caratterizzano innanzitutto per l'ormai lontana ascendenza dai bianchi compendiari di Faenza che ebbero larga eco anche in molti centri ceramici del Meridione, mediati tuttavia per il tramite della rinnovata cultura figurativa secentesca di Castelli d'Abruzzo; prediligono la tradizionale monocromia di Laterza sul bianco brillante e spesso dello smalto di grande qualità tecnica ed estetica. Pur tendendo all'essenzialità compendiaria della figurazione, "il disegno è generalmente completo di dettagli e particolari minuti che lo arricchiscono" (Dell'Aquila, 1980), e che lo distinguono, rispetto all'antico rigore faentino, per un più vivace e argutohorror vacui di tangenza popolaresca, con la mai sopita cultura dell'"istoriato" rinascimentale. La matrice colta dei D. d'altro canto traspare dalle sue figurazioni derivanti certamente da incisioni, per quanto questo aspetto non sia stato approfondito dagli studi.Sulla base delle tre opere firmate, altre gliene sono state attribuite con pertinenza filologica, quali ad esempio: il piatto da parata con Caccia all'elefante, del museo annesso all'istituto statale d'arte "F. Palizzi" di Napoli (databile al decennio 1670-80); il piatto con Aura Velans su delfino, del Museo Adrien Dubouché di Limoges (databile al 1670-80); i piatti con Destriero aggredito da una leonessa e con Cupido suldelfino, entrambi ora al Victoria and Albert Museum di Londra (databili al 1680); l'altro piatto da parata con le Milizie romanedello stesso museo (databile al decennio 1680-90); il presentatoio colMangiamaccheroni del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza (datato 1693). Una serie di altre analogie sono state anche istituite con esemplari in varie collezioni private.
Il C. morì a Laterza l'11 sett. 1717.

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